Lo storico acquedotto di Genova nella Val Bisagno

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La Val Bisagno col suo torrente omonimo già in epoca romana rappresentava una fonte di acqua indispensabile per l’approvvigionamento idrico, per i mulini, gli opifici e per il rifornimento delle navi in porto. Circa due mila anni fa nell’attuale periferia a nord est della città (attualmente quartiere di Molassana e Prato) esisteva una imponente cascata che formava il Lago Dragonarius accanto al quale si era insediato il primo nucleo abitato situato in un isolotto di proprietà vescovile che emergeva al centro del lago stesso. L’acqua veniva convogliata attraverso un percorso di quasi sette chilometri arrivando al nucleo del centro storico della città in zona Sant’Andrea, Porta Soprana. Con lo sviluppo del porto e la crescita della città fu necessario cercare altre soluzioni per l’approvvigionamento idrico, così attorno al 1050 venne preso in considerazione il torrente Velino, sopra la zona che diventerà la necropoli di Staglieno. In questo modo, tra l’XI e il XII secolo si procede con la costruzione dell’acquedotto medievale: un’imponente struttura ad arcate. Occorrerà, però, attendere il Magistrato delle acque (figura appositamente creata per regolare l’approvvigionamento idrico) per giungere alla definizione di un piano regolatore capace di incrementare le risorse esistenti e promuovere lavori di ampliamento del condotto nell’attuale zona di Bargagli a pochi chilometri dalla periferia di nord est verso l’entroterra. La necessità di superare ambienti e vallate scoscese con ampi dislivelli, spinge alla progettazione di ponti-canale e ponti-sifone. Attualmente resti dell’acquedotto si possono ammirare soltanto nella zona della Valbisagno ma nell’epoca dello splendore della Repubblica di Genova il percorso raggiungeva l’attuale zona di Sottoripa i cui portici sono costruiti sulle arcate dell’acquedotto che portava l’acqua alle navi ed anche la zona di Circonvallazione a Monte che poggia proprio su questa antica struttura. Nel corso degli anni tra il XVII ed il XVIII secolo gravi problemi strutturali dovuti alla tenuta delle tubature richiesero lavori di mantenimento ed aggiunta di ponti; fino a quando nel XIX secolo vengono assorbite le acque del Rio Torbido. Nel XX secolo l’espandersi in maniera esponenziale della città e quindi il crescente fabbisogno idrico, portano alla necessità di nuovi siti quali i Laghi del Gorzente in Val Polcevera nella periferia di nord ovest ed il Lago del Val Noci alle spalle della Valbisagno. Nel dopoguerra viene costruita la maestosa diga del Brugneto in Val Trebbia che diventerà il serbatoio idrico della Grande Genova. L’antico acquedotto perde il valore per cui era stato costruito ma non la sua importanza storica, architettonica e scientifica, ancora oggi è meta di passeggiate in mezzo alla natura in luoghi meravigliosi ed affascinanti. Da alcuni anni varie associazioni in collaborazione con la Regione Liguria e il Comune di Genova hanno avviato iniziative per fare conoscere l’acquedotto storico e al stesso tempo hanno promosso lavori di recupero e ripristino di un percorso atto a valorizzare il territorio e le sue bellezze artistiche e naturalistiche.

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