La piscina romana della zona Bagni di Acqui Terme

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Molto spesso la storia ci racconta di parti importanti del patrimonio artistico e culturale di una nazione andate distrutte a causa di guerre, fenomeni naturali o più semplicemente per l’incuria o la necessità di “nuovo”.

Una cosa simile è successa anche ad Acqui Terme in provincia di Alessandria, la romana Aquae Statiellae citata anche da Plinio Il Vecchio, che durante gli anni di costruzione del quartiere dei Bagni riscoprì l’antico insediamento della piscina romana.

Ad Acqui la parte termale più nota è quella che ruota attorno alla sorgente della Bollente, antica fonte di acqua calda, il cui emblema odierno (l’edicola sull’omonima piazza) è frutto dell’opera architettonica di Giovanni Cerruti e databile intorno al 1870. 

La scoperta della piscina di zona Bagni risale al lontano 1913 quando durante l’esecuzione dei lavori di costruzione del quartiere dei Bagni, in occasione delle opere di scavo, l’impresa di costruzione porta alla luce “una grande vasca a tre gradini di grandi dimensioni fatta per il bagno in comune, il tutto ricoperto da lastre di marmo bianchissimo parti delle quali già sottratte“. 

Le successive indagini del tessuto strutturale eseguito per conto del Ministero della Pubblica Istruzione portarono a ritenere “la vasca di Acqui con un basso valore di opera d’arte” ma con un alto valore demoetnoantropologico alla luce del significato storico e documentale che rappresenta.

Le strutture della piscina furono in parte reintegrate ed in parte inglobate nel piano cantinato del nuovo palazzo delle Terme; fino agli inizi del XXI secolo i resti della piscina rimasero esposti al degrado principalmente dovuto agli sbalzi termoigrometrici interni e alle variazioni di temperatura. Inoltre sul pavimento della piscina stessa venne sistemata una grande cisterna di combustibile che provocò macchie importanti sui resti marmorei antichi, soltanto nel 2000 con adeguati finanziamenti prese corpo il progetto di recupero e di valorizzazione dell’intero complesso oggi visitabile.

I nuovi sopralluoghi archeologici permisero di verificare un ottimo stato di conservazione della piscina ancora interrata e di constatare la positività di una piccola area archeologica dato che la più vasta estensione dell’impianto antico era stata compromessa dai lavori per la costruzione dei portici soprastanti.

La conservazione ed il restauro di questa minima parte dell’enorme complesso ha il merito di rendere visibile questo bene archeologico unico che rappresenta la storia termale della città ma anche le complesse trasformazioni contemporanee.

Dagli scavi si è ipotizzato che, nel luogo dove sorgeva l’antico complesso termale, potesse scorrere un corso d’acqua antenato del torrente Medrio, nel quale defluivano le acque della sorgente Bollente che a causa della distanza dalla fonte primaria, avevano una temperatura decisamente più bassa ed accettabile.

La costruzione della piscina si fa risalire alla fine del I secolo d.C. nel periodo di maggiore ricchezza ed espansione della città di Acqui con la creazione di nuovi edifici pubblici e l’ampliamento urbanistico per valorizzare il percorso della Via Aemilia Scauri; la costruzione di questo nuovo impianto termale portò alla bonifica dell’intera zona ed alla costruzione di un nuovo quartiere che, oltre alle terme, comprendeva un anfiteatro, i resti del quale furono individuati con i lavori degli anni sessanta del secolo scorso, senza essere stati mai oggetto di studi approfonditi.

Come in tutti gli impianti termali si avevano a disposizione vari ambienti forniti di vasche a diversa temperatura: il frigidarium, il tepidarium ed il calidarium, questi ultimi dotati di riscaldamento ad ipocausto, ossia con aria calda circolante in intercapedini poste sotto il pavimento ed all’interno delle pareti (metogologia che rievoca molto i sistemi attuali).

Da citare la presenza di  mattoni tubolari cavi mattoni circolari entrambi usati nel sistema di riscaldamento parietale e pavimentale.

I mattoni tubolari cavi a parete servivano per creare delle intercapedini murarie attraverso le quali passava l’aria calda proveniente dal forno; oltre a riscaldare gli ambienti questo processo era utile per evitare il problema di fumo e fuliggine poiché tali intercapedini arrivando al tetto avevano il compito di sfiato scaricando all’esterno i prodotti della combustione. I mattoni circolari erano utilizzati per la realizzazione di piccole colonne sulle quali venivano posti i pavimenti sospesi degli ambienti da riscaldare; in queste intercapedini alte dai 50 ai 90 centimetri passava l’aria riscaldata proveniente dal forno.


Orari di apertura e di visita della piscina romana di Acqui Terme 

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