I siti Unesco del patrimonio culturale subacqueo (II parte)

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I siti Unesco del patrimonio culturale subacqueo (II parte)

Continua il nostro viaggio tra le profondità marine alla scoperta del vasto patrimonio culturale subacqueo.

Nella prima parte del nostro articolo abbiamo parlato di due importanti siti: Baia, antica metropoli residenziale di epoca romana meglio conosciuta come la Pompei sommersa e il Cristo degli Abissi nella baia di San Fruttuoso di Camogli.

In questo secondo articolo scenderemo ancora più in profondità per scoprire altre bellezze culturali nascoste.


Il fascino del relitto romano di Albenga

Alla profondità di 39 metri è possibile ammirare lo spettacolare “Relitto di Albenga” una nave da carico di età romana che conteneva al suo interno anfore per il trasporto del vino.

La scoperta del relitto risale al 1925 ad opera di un pescatore del luogo è però soltanto nel 1950 che è stato possibile recuperare alcuni oggetti grazie all’armatore Giovanni Quaglia e al  posizionamento di una nave cosiddetta “artiglio” posta accanto alla Gallinara: i lavori di recupero furono organizzati dal prof. Nino Lamboglia che riuscì a portare in superficie oltre 700 anfore.

Furono anche recuperati elmi in bronzo ed altri oggetti preziosi dell’equipaggio; purtroppo inizialmente vennero utilizzati strumenti arcaici che arrecarono parecchi danni al bottino delle navi, ma con gli anni lo studio di nuove tecnologie ha gettato le basi di quella che è poi diventata l’archeologia subacquea.

La collezione delle anfore oltre 10 mila esemplari oggi è esposta presso il Museo navale romano di Albenga all’interno del Palazzo Peloso Cepolla, si tratta della più grande nave da trasporto romana finora conosciuta nel Mediterraneo.

Lo studio dei reperti ha permesso di collocare il naufragio della nave tra il 100 ed il 90 a.C. periodo nel quale la popolazione ligure entrò a far parte della sfera di Roma.

[immagine estratta dal sito imperiapost.it]


Il leggendario galeone di epoca rinascimentale nel promontorio di Portofino

Alla profondità di 50 metri è possibile ammirare un leggendario galeone di epoca rinascimentale: potrebbe trattarsi del Santo Spirito affondato nel mar ligure nel 1579 esattamente nei pressi di Punta Chiappa nel promontorio di Portofino.

Poco sappiamo delle tecniche di costruzione delle imbarcazioni del XIV/XV secolo malgrado facessero parte delle marinerie del Mediterraneo, storiche potenze politiche e commerciali dell’epoca.

Per accertare che il relitto ritrovato fosse effettivamente il Santo Spirito gli studi sono ancora in corso: la grande imbarcazione era partita da Genova il 28 ottobre 1579 con “un carico di cannoni, munizioni e chiodi per costruzioni navali….ma anche tessuti di cotone e lana”. Il maltempo che imperversava nella zona spinse la nave contro la scogliera, per fortuna l’equipaggio si salvò come riportarono i rapporti storici dell’epoca.

Nel corso della storia il tratto di mare Mediterraneo attorno alla Sicilia è sempre stato teatro di molte battaglie tra le quali “la battaglia delle Egadi” svoltasi il 10 marzo 241 a.C. che rappresenta la fine della prima guerra punica tra Cartagine e Roma con la vittoria di quest’ultima e la sua consacrazione come potenza navale.

Nel 2004 venne scoperto il primo rostro nello studio di un dentista di Trapani: si tratta del primo manufatto di guerra, in quella occasione l’archeologo nonché sovraintendente culturale del mare Sebastiano Tusa parlò di “una scoperta eccezionale poiché oltre al valore storico topografico legato all’evento bellico, il rostro era il secondo rinvenuto fino ad allora“.

Nel corso degli anni vennero portati alla luce altri rostri in bronzo che giacevano sui fondali da oltre due mila anni, questo materiale, esposto all’interno dell’ex stabilimento Florio a Favignana, è estremamente prezioso sul piano archeologico in quanto “documento” di uno degli avvenimenti che hanno cambiato il corso della storia.

Il rostro era la parte anteriore della nave da guerra che permetteva lo speronamento delle imbarcazioni nemiche ed il mare delle Egadi continua ad essere un mosaico di reperti che ricostruiscono questo evento storico bellico, contribuendo a scrivere pagine di storia antica e confermando gli scritti già esistenti di Polibio del II secolo a.C. che ha minuziosamente descritto l’evolversi della battaglia.

[immagine estratta dal sito dailynautica.com]


Il Satiro danzante di Mazzara del Vallo

Davvero importante è il ritrovamento subacqueo della statua in bronzo di arte greca databile tra il IV ed il II secolo a.C. a Mazzara del Vallo nel canale di Sicilia: si tratta del celebre Satiro Danzante. Il satiro era un essere mitologico del corteo rituale del dio Dioniso, oggi la scultura è esposta e visibile presso il Museo di Mazzara. Secondo Sebastiano Tusa, sovraintendente culturale del mare della regione Sicilia, la nave che trasportò il reperto naufragò tra il III ed il II secolo a.C.

La storia del suo ritrovamento risale al 1997 quando un peschereccio “Capitan Ciccio” portò alla luce la gamba in bronzo del satiro, successivamente nel marzo del 1998 a 500 metri di profondità venne ripescato un braccio ed il resto della scultura venne recuperata e portata immediatamente a Roma presso i laboratori dell’ICR (Istituto Centrale per il Restauro) dove venne affidato alle esperti mani della professoressa Paola Donati, già restauratrice dei bronzi di Riace.

L’importanza di questo ritrovamento fu tale che nel 2003 venne esposto a Montecitorio presso la sala dei deputati e nel 2005 presso il museo di Tokyo. Il trasferimento della scultura a Tokyo avvenne all’interno di un’apposita struttura in fibra di carbonio di cui si parlò molto sui giornali e in televisione. Infine nel 2007 è anche stato esposto al Louvre con un supporto espositivo in carbonio e titanio.

[immagine estratta dal sito restaurars.altervista.org]


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