Il certificato di stato legittimo applicato ai beni culturali

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Recentemente, mi è stato assegnato il compito di esaminare la documentazione fornita dal venditore in una transazione immobiliare riguardante un bene culturale. Questo compito, che comporta la regolarizzazione delle discrepanze riscontrate attraverso studi dettagliati sull’oggetto, è fondamentale per la futura vendita del bene.

Nel corso di questa procedura, si esaminano vari documenti, che come professionisti maneggiamo quotidianamente. Nel caso dei beni culturali, questi documenti richiedono un’analisi più approfondita, poiché oltre agli aspetti urbanistici e edilizi, è necessario verificare il rispetto della tutela monumentale del bene.

Il certificato di stato legittimo: di cosa si tratta?

Il certificato di stato legittimo è una perizia (non giurata) effettuata da un tecnico con competenze in edilizia (ingegneri, architetti e geometri). In questo certificato vengono elencati i titoli abilitativi che hanno autorizzato il privato a costruire, modificare o ristrutturare un determinato immobile e si verifica che l’immobile costruito corrisponda ai progetti depositati presso l’Ufficio Edilizia ed Urbanistica del Comune in cui si trova l’immobile. Pertanto, è necessario attivare la procedura di accesso agli atti.

La redazione del certificato di stato legittimo è di competenza esclusiva di uno dei tecnici sopra menzionati. Il notaio non ha questa competenza, ma può suggerire alle parti che richiedono i suoi servizi di preparare il certificato per una migliore garanzia di commerciabilità dell’immobile.

Una domanda che mi viene posta frequentemente è “quanto costa il certificato di stato legittimo”, e la risposta corretta è: dipende.

Se l’accesso agli atti rivela una situazione abbastanza chiara, in cui il tecnico si limita a elencare i vari titoli edilizi e la corrispondenza tra quanto depositato e quanto poi realizzato durante i lavori, senza riscontrare gravi discrepanze che richiedono sanatorie (quando possibili), il costo può essere più basso. Tuttavia, bisogna tenere in considerazione lo studio che il tecnico ha fatto sui documenti recuperati. Al contrario, se i documenti sono mancanti o se ci sono discrepanze rispetto allo stato attuale dei luoghi, si attivano procedure parallele di regolarizzazione (sanatorie) che aumentano i costi e i tempi per la preparazione e l’emissione dei vari documenti.

Il certificato di stato legittimo applicato ai beni culturali

Quando si richiede questo documento per un bene culturale, è necessario un ulteriore sforzo. Oltre a dover verificare la documentazione depositata presso il comune e il catasto competente, è necessario esaminare anche quella depositata presso la Soprintendenza competente. Questo per assicurarsi che i vari titoli edilizi ottenuti siano stati rilasciati dopo il regolare nulla osta ai lavori da parte dell’ente di tutela.

Questo aspetto potrebbe sembrare ovvio, ma in realtà non lo è. Spesso, in passato, i lavori venivano autorizzati senza attendere il rilascio dell’autorizzazione ministeriale o, peggio ancora, senza richiederla. In questi casi, è necessario ricostruire ogni singolo passaggio con grande attenzione ai dettagli, in modo da poter procedere alla regolarizzazione degli atti senza violare la tutela monumentale.

In queste situazioni, la figura professionale più adatta a cui rivolgersi è l’architetto, il professionista incaricato di occuparsi dei beni culturali. Sulla base della mia esperienza in molti casi simili, è preferibile se l’architetto è specializzato in beni architettonici e del paesaggio, poiché l’alta professionalità di questa figura garantisce un risultato finale di qualità.


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