La Cristianizzazione in Liguria: reperti e conoscenza

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Con grande piacere presento oggi questo interessante studio sulla “Cristianizzazione in Liguria” curato da una giovane dottoressa savonese appassionata di territorio, paesaggio e di archeologia digitale, Chiara Vallarino.


Dottoressa Chiara Vallarino: breve profilo

Laureata in Scienze Umane dell’Ambiente del territorio e del paesaggio presso l’Università di Milano e in Archeologia Digitale

Ha ottenuto tutte le abilitazioni necessarie per operare come Pilota UAS e come Trainers, lavorando ad oggi come libera professionista nei territori della Liguria, Piemonte e Valle D’Aosta principalmente.

Negli ultimi anni si è dedicata allo studio delle tecniche e metodologie per l’utilizzo dei mezzi aerei a pilotaggio remoto (droni) in ambito di rilievo aerofotogrammetrico, partecipando a diverse attività di rilievo di terreni, immobili e aree archeologiche in collaborazione con le Università e aziende private; per la creazione di spot destinati alla promozione turistica di comuni, parchi naturali ed imprese private. 

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Nella sistemazione territoriale dovuta ad Augusto, la Liguria apparteneva alla Regio IX, confinante a Ponente con la Provincia Narbonensis, a nord con la Transpadana, a nord-est con l’Aemilia e a sud-est con l’Etruria. Nel nuovo ordinamento di Diocleziano, al trapasso tra III e IV sec., la Liguria divenne provincia a sè stante, con capitale Milano.

Dopo le invasioni degli inizi del V sec., le città vennero fortificate.

Le ricerche archeologiche hanno delineato insediamenti religiosi: chiese battesimali, chiese cimiteriali, necropoli. Il territorio ligure di ponente è molto denso di ritrovamenti archeologici, il territorio del Finale è molto importante, sono pervenute molte iscrizioni funerarie (da ricordare l’epigrafe di un giovane di 9 anni, Lucius Helvius del 362 d.C., rinvenuta a Perti, che rappresenta la più antica testimonianza del cristianesimo nella nostra regione e nell’Italia nord-occidentale).

L’epigrafe è graffita su una tegola ad alette, è stata ritrovata nel 1979, nelle immediate vicinanze della Chiesa di Sant’Eusebio, nei pressi di Perti (Finale Ligure), dove morì un bambino di nove anni, chiamato Lucius Helvius.

La tegola faceva parte di una “tomba a cappuccina“, dalla quale provenivano, con buona attendibilità, i resti di una mandibola pertinente ad uno scheletro infantile e alcune monete di Costante I e Costanzo II; queste ultime attesterebbero, la continuità dell’uso pagano di porre nella tomba alcuni oboli con fine propiziatorio in un’epoca di passaggio in cui perduravano ancora i culti della religione romana. I genitori del bambino, vollero ricordarne il nome e la giovane età incidendo sulla tegola una laconica, ma significativa iscrizione funeraria graffita sulla superficie interna su quattro linee sormontate da un crittogramma costantiniano, e sovrastanti una croce a bracci equilateri.

Il testo dedicatorio:
[L]ucius Helui [—innocens (?)] in pace Iesu [ recessit die (?)]
VII id (us) iul (ias) a (nnis) IX [Mamertino et] Neuitta co (n) s (ulibus).
(Lucius Elvius – o Elvidio –
morì – o fu sepolto- nella pace di Gesù
il giorno settimo delle idi di luglio all’età di anni nove
sotto il consolato di Mamertino e Nevitta.

fa quindi esplicito riferimento ad un cristiano, deceduto, come già citato, in giovane età, la cui fede oltre che nella simbologia delle croci è esplicitamente affermata nell’allocuzione in pace Iesu (nella pace di Gesù). L’iscrizione di Perti, con la sua datazione consolare permette di datare con esattezza l’evento al 9 luglio 362 d.C. e di cogliere l’importante precoce testimonianza di una presenza cristiana a Perti.
Questa epigrafe fornisce la più antica testimonianza cristiana datata nell’Italia nord-occidentale e pone in particolare evidenza la diffusione della nuova religione anche in ambiti rurali della Liguria di Ponente, un sessantennio prima della testimonianza dell’esistenza di un vescovo della città di Albenga.

E’ possibile che una precoce presenza cristiana a Perti possa essere messa in relazione con la sua collocazione lungo quei tragitti stradali ad ampio raggio che, mettendo in comunicazione i principali centri urbani, costituirono un tramite preferenziale per la diffusione della nuova religione tra l’area padana e la Gallia meridionale.

Recentemente si è proposto di vedere nell’epigrafe di Lucius, solo una presenza occasionale, forse legata ad un episodio di un viaggio, lungo un itinerario stradale che si raccordava con la viabilità principale costiera (verso le Gallie) o con l’entroterra padano.
D’altronde, anche in assenza di una strutturazione diocesana, non pare così singolare la scoperta dell’iscrizione funeraria di Lucius, in un territorio dove sono documentate archeologicamente varie necropoli, vedi appunto quella di Perti, con tombe a incinerazione e inumazione databili tra il IV e il VII sec. Tuttavia, né dall’area dell’insediamento, né dalla necropoli sono emerse tracce di cristianesimo cronologicamente collegabili alla tegola di Lucius; resta comunque indubbio che nell’area di Perti intorno alla metà del IV sec., il Cristianesimo si era già diffuso, ma non è possibile stabilire se in modo sporadico e legato a singole famiglie o se esistesse una comunità organizzata.


 

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