Il Parco naturale dell’Aveto nell’Appennino ligure
Il Parco Naturale Regionale dell’Aveto, creato nel 1995, comprendente i comuni di Santo Stefano, Rezzoaglio, Borzonasca e Né, ha una superficie di poco superiore ai tre mila ettari ed è una delle aree protette più suggestive dell’Appennino ligure. La storia del territorio del parco risale a sette mila anni fa ed ha come protagonisti una popolazione dedita alla caccia ed alla pastorizia; le prime documentazioni risalgono però al medioevo e sono inerenti atti notarili di donazioni di proprietà agricole. In questo territorio nei secoli si sono succedute dominazioni di importanti famiglie genovesi tra le quali i Malaspina ed i Fieschi, nel XVIII secolo le vallate divengono territorio della Repubblica di Genova fino all’avvento del regno sabaudo.
Il parco comprende le Valli Aveto, Sturla e Graveglia con un susseguirsi di paesaggi: da vallate profonde solcate dai corsi d’acqua che formano cascatelle e laghetti montani a fondovalle soleggiati verso il mare. La Val d’Aveto con le vette più elevate dell’Appennino ligure (Monti Maggiorasca, Penna ed Aiona), ha immensi pascoli e boschi di faggio uniti ad un territorio costituito da rocce emergenti ed abbondanza di acqua. Tra le mete più suggestive la Riserva delle Agoraie con laghetti di epoca glaciale ed il Lago delle Lame immerso tra i boschi di abete ed una morena glaciale.
La Valle Sturla, attraversata dal torrente omonimo, è una vallata ricca di paesaggi da quello montuoso con boschi di castagno e noccioleti alle zone verso il mare con culture di vite ed ulivi. Una delle attrazioni è il lago di Giacopiane a 1015 metri un invaso artificiale per la produzione di energia elettrica realizzato negli anni venti del secolo scorso. La Val Graveglia è la più caratteristica del parco per la presenza di formazioni rocciose di calcare, diaspri, argille ed arenarie, sedimenti degli antichi fondali marini e per la presenza di cave e miniere tra le quali la più famosa è quella di Gambatesa per l’estrazione di manganese per la produzione di acciaio. La Flora del parco è composta da boschi di faggio, querce, carpino, salice, ontano inoltre si possono ammirare vari alberi monumentali tra i quali, il cipresso di Borzone, il castagno del Poggio nell’alta valle Sturla, la sequoia gigante in val d’Aveto e la roverella in val Graveglia. Sono conservate anche specie alpine di rara bellezza di epoca glaciale come la Aquilegia alpina, l’Aster alpinus e la soldanella tanto per citare le più note. La fauna prettamente appenninica ospita il lupo ed il capriolo accanto a cinghiali, volpi, faine, scoiattoli, lepri, ghiri, talpe, tra gli uccelli spicca l’aquila reale, l’astore, il biancone e la poiana. Infine si possono ammirare specie di anfibi come la salamandrina dagli occhiali dal colore nero o bruno sul dorso con macchie bianche e rosse sulle zampe e sulla coda, la rana rossa ed il gambero di fiume.
Da un punto di vista strutturale all’interno del territorio dell’attuale parco dell’Aveto possiamo analizzare i vari edifici abitativi e da lavoro in base al loro utilizzo, alla diversità del territorio, al materiale maggiormente recuperabilee. Le strutture da lavoro utilizzate come riparo per gli animali erano ad un solo piano con tetto a due falde; a pianta rettangolare avevano una sola porta che assieme a qualche finestra illuminava l’interno. Esistevano altri edifici rurali a due piani a pianta rettangolare nei quali il piano terra era utilizzato sempre come riparo per gli animali mentre il piano superiore come deposito di fieno, di fogliame e per gli attrezzi agricoli; in casi particolari il piano terra era utilizzato come zona abitativa temporanea durante le ore di lavoro. I due piani erano uniti attraverso una scala esterna in pietra o in legno; non mancava la presenza del solaio con assi in legno.
Una terza tipologia di edificio era caratterizzata da un nucleo a più piani composto dalla stalla al piano terra, dall’abitazione al piano centrale e dal deposito di fieno, foglie e prodotti alimentari al sottotetto che fungeva da zona per il calore per il piano dove erano sistemate le stanze. Al sottotetto si accedeva attraverso una scala a pioli lignea. Infine erano presenti abitazioni con ballatoi esterni in legno ai quali si accedeva attraverso scale esterne in legno o in pietra. Le costruzioni della zona del parco erano realizzate con muri di pietra a spacco a vista con leggera intonacatura di malta povera e di calce, oppure di scaglie e blocchi di pietra con assenza di intonacatura, in questo caso le pietre erano più compatte ed uniformi in modo da consentire una migliore realizzazione. I tetti erano composti da travi portanti in legno e da una copertura in lose di pietra, in lastre di ardesia ed in paglia. Le due falde di cui erano composti i tetti avevano una diversa inclinazione in relazione alle zone climatiche; la pendenza migliore per i tetti in lose era tra i 15 ed i 20 gradi in questo modo la neve poteva scivolare senza il rischio di trascinare con sé anche le lastre. Nei tetti di ardesia della Val d’Aveto la pendenza invece variava tra i 35 ed i 45 gradi limitando il rischio che il vento potesse sollevare le lastre; inoltre l’arteria, meno pesante delle lose di pietra, consentiva a tale pendenza di fare scivolare la neve più agevolmente. Le coperture in paglia, molto rare, erano utilizzate per piccoli rifugi o depositi ed avevano un’inclinazione molto elevata. Nella Val d’Aveto esisteva un particolare tipo di fienile chiamato “Barco” costituito da quattro pali in legno fissati al terreno nei quali era incastrata una copertura piramidale in paglia mobile, caratterizzata da piccole travi in legno legate tra loro. La paglia utilizzata era di segale più resistente rispetto alle spighe di frumento.
Per approfondimenti sul tema si segnala:
S. F. Musso, G. Franco, GUIDA ALLA MANUTENZIONE E AL RECUPERO DELL'EDILIZIA E DEI MANUFATTI RURALI, Ente Parco dell'Aveto, Marsilio, Venezia, 2000.