Contributi interventi di restauro sui beni culturali: alcuni utili suggerimenti

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Gli ultimi due articoli che hanno trattato il tema dei contributi sui beni culturali hanno destato molto interesse e spinto molti privati a scrivermi per avere informazioni su casi specifici. Poichè molti dei quesiti che mi sono stati posti sono ricorrenti, cercherò di farne una sintesi fermo restando quanto già chiarito in merito alle previsioni della Legge di Bilancio 2018 (del 27/12/2017).


Allo stato attuale quali sono le prospettive per le richieste contributo a fondo perduto sui beni culturali?

Come segnalato dalla Direzione Generale Bilancio "(…) è possibile erogare solo contributi relativi a progetti approvati prima dell'entrata in vigore del decreto legge 95/2012 ovvero prima del 7 agosto 2012. Dal 2013 e fino al corrente anno (2018) sono stati infatti erogati contributi a progetti presentati e approvati prima della data indicata, giungendo ormai all'esaurimento di quelli rimasti ancora non finanziati (…)".

Allo stato attuale, quindi, non è possibile presentare istanza di contributo ma questo non significa che coloro che vogliono fare un intervento di restauro ammissibile a contributo già da oggi non possano predisporre i documenti per richiederlo in futuro: con ogni probabilità, infatti, si stima che le nuove richieste di contributo potranno essere presentate a partire dal 2019 a patto che i lavori siano stati chiusi, collaudati e regolarmente certificati dall'ente di tutela.


Se i lavori sono già stati eseguiti cosa serve per avviare la procedura di richiesta contributo?

Ipotizziamo il caso più semplice in cui il privato dopo avere affidato l'incarico di redigere il progetto di restauro ad un tecnico laureato abbia ottenuto il regolare nulla osta ai lavori.

I lavori vengono regolarmente eseguiti e al termine degli stessi il direttore dei lavori raccoglie tutta la documentazione di rito che attesta la loro regolare esecuzione e trasmette la documentazione consuntiva all'ente di tutela ai fini del rilascio della "Dichiarazione di esecuzione a regola d'arte".

Tale dichiarazione, richiesta dal proprietario e rilasciata dalla Soprintendenza, attesta che il bene oggetto di intervento è sottoposto a tutela in forza di specifica nota ministeriale (della quale sono riportati gli estremi) e, con riferimento alla documentazione consuntiva trasmessa, che l'intervento è stato eseguito correttamente dal punto di vista tecnico e metodologico sotto il profilo della tutela e conformemente ai progetti autorizzati (i cui protocolli vengono esplicitamente richiamati).

La dichiarazione è firmata dal Soprintendente e dall'incaricato all'istruttoria (che è solitamente il funzionario che ha periodicamente ispezionato il cantiere in occasione dei previsti sopralluoghi).

A questo proposito, considerata l'importanza di questo iter, non mi stancherò mai di ricordare che è obbligatorio per legge ricorrere alla competenza specifica dell'Architetto  in caso di opere di pregio storico-artistico, ciò in forza della specifica formazione universitaria e per la specifica cultura, sensibilità ed esperienza maturata che possiede, permettendogli di comprendere la natura, il valore e la fragilità di tali particolari manufatti.

In casi particolarmente complessi sul piano strutturale per i quali l'architetto ritenga di volersi avvalere della collaborazione di un ingegnere le due figure professionali possono confrontarsi ma la firma al progetto di restauro resterà sempre quella dell'architetto che è l'unica figura professionale abilitata ad operare sui beni culturali.


Quali situazioni rendono impraticabile la possibilità di accedere ai contributi?

Dai colloqui intercorsi con alcuni privati sono emerse situazioni "limite" che rendono impraticabile l'opzione della richiesta contributi.

Abbiamo più volte spiegato che l'esecuzione di opere e lavori di qualunque genere su beni culturali è subordinata ad autorizzazione del soprintendente, tale autorizzazione è resa su progetto di restauro redatto da Architetto descrizione tecnica dell’intervento e può contenere prescrizioni. 

E' chiaro che se i lavori sono stati eseguiti senza il titolo autorizzativo – oltre a non potere beneficiare dei contributi – si incorre in sanzione per la violazione di due discipline: quella ex T.U. D.P.R. 380/2001, volta ad assicurare il rispetto delle prescrizioni di carattere urbanistico mediante il controllo della conformità dell’attività edilizia, che in concreto si intende svolgere, alle leggi ed agli strumenti urbanistici vigenti; e quella dettata dal “Codice beni culturali” volta ad assicurare il rispetto delle prescrizioni poste a tutela dei beni culturali (per approfondimenti clicca qui).

Diverso il caso in cui i lavori siano stati regolarmente autorizzati ma non siano ancora stati chiusi da parte del Direttore dei Lavori: in questo caso per avviare la sopracitata procedura occorre anzitutto chiudere e collaudare i lavori sul piano edilizio e poi raccogliere la documentazione finale che attesta le modalità esecutive degli interventi eseguiti (conformi al progetto e concertati con il funzionario della Soprintendenza) e illustra attraverso un computo metrico consuntivo l'entità della spesa affrontata.


Chi beneficia dei contributi ministeriali quali obblighi assume?

L'articolo 38 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio chiarisce che gli immobili oggetto di interventi conservativi realizzati con il contributo totale o parziale dello Stato nella spesa, o per i quali siano stati concessi contributi in conto interessi, sono resi accessibili al pubblico secondo modalità fissate, caso per caso, da appositi accordiconvenzioni da stipularsi fra il Ministero ed i singoli proprietari all’atto della assunzione dell’onere della spesa (ex art.34) o della concessione del contributo (ex art.35).

Gli accordi e le convenzioni stabiliscono i limiti temporali dell’obbligo di apertura al pubblico, tenendo conto della tipologia degli interventi, del valore artistico e storico degli immobili e dei beni in essi esistenti. Accordi e convenzioni sono trasmessi, a cura del soprintendente, al comune o alla città metropolitana nel cui territorio si trovano gli immobili. 

E' chiara la volontà del legislatore di dare la massima pubblicità, anche attraverso la comunicazione agli enti territoriali, dell’esistenza di atti di convenzione e degli accordi per garantire l’apertura al pubblico dei beni culturali specie quando di proprietà privata.


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