“Prima” del restauro: le indagini preliminari come strumento guida

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“Prima” del restauro: le indagini preliminari come strumento guida per l’intervento

[Estratto da Antonella B. Caldini, “Prima” del restauro: le indagini preliminari come strumento guida per l’intervento, «Iter», Trimestrale di ricerche, fonti e immagini per un territorio, n. 16 anno IV/numero 4, 2008, pp. 144-50]

La redazione di un progetto di restauro comprende generalmente tre fasi principali: il “prima”, ossia l’insieme di studi e conoscenze preliminari, il “durante”, rappresentato dalle indagini diagnostiche e di laboratorio, il “dopo”, momento finale che conduce alla definizione del progetto di intervento.

Partiamo dal “prima”…

La prima di tutte le azioni preliminari è senza alcun dubbio il sopralluogo durante il quale si provvede alla rappresentazione grafica manuale del manufatto, passando dall’eidotipo al rilievo di massima, per poi procedere ad una descrizione più puntuale che attraverso il rilievo critico (geometrico e tecnologico) consenta di definire i materiali costitutivi e di descrivere lo stato di conservazione.

In parallelo, fuori dal cantiere, si cercano di reperire le principali fonti documentarie (bibliografiche, archivistiche ed iconografiche) per poter ricostruire quanto più possibile l’evoluzione storica del manufatto e comprenderne le eventuali trasformazioni attraverso il confronto tra dato storico e materiale.
La sintesi di questi elementi permette di approfondire la conoscenza dell’edificio rispetto al suo attuale stato di conservazione e di formulare una proposta di intervento valutata sulla base delle informazioni storiche e dei dati materici raccolti.
Questo approccio metodologico risulta di semplice applicazione quando viene impiegato nel recupero di un singolo manufatto e l’operazione di restauro risulta quindi facilitata in quanto circoscritta ad un preciso oggetto la cui destinazione d’uso è nota (a prescindere dal fatto che sia o meno ancora attiva); di contro diventa un esercizio decisamente più complicato quando deve essere applicato ad un “manufatto-rudere” o quando rientra in un progetto di più ampio respiro che prevede la riqualificazione generale di un grande complesso urbano rispetto al quale il manufatto esiste in quanto “emergenza storico-artistica“.
La riqualificazione di aree che custodiscono al loro interno manufatti di pregio allo stato di “rudero” è uno degli esercizi più stimolanti per il progettista-restauratore che, proprio attraverso le indagini preliminari, si preoccupa di “(…) tutelare le possibilità di studio e di comprensione dell’opera, opponendosi al decadimento che ne minaccia la durata (…), utilizzando il bagaglio conoscitivo acquisito come strumento per delineare quali tecniche di intervento utilizzare ai fini del riuso e della rinfunzionalizzazione.


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